In una domenica pomeriggio, tra gli spalti dello
Stadio Sant'Elia, stava seduto euforico Gigi, grande tifoso rossoblu, alla sua
prima comparsa allo stadio. Accanto a suo nonno, il ragazzino aspettava allegramente l'inizio della gara. L'euforia cresceva, con la speranza che i propri
idoli macinassero, dinanzi ai propri occhi, una spettacolare vittoria. Ecco,
gli undici rossoblu entrano in campo. Ma Gigi s'accorge subito che ne manca
uno. Il capitano, Daniele Conti, non è schierato tra i titolari. Al che si gira
verso il nonno e, alquanto stupito, gli domanda:
Nonno, ma Conti non gioca? Come mai?
Nepori miu, Daniele esti conca macca.
Nonno che ha combinato?
Eh, su capitanu, d'ognia tanti, si pappara su frenu:
a candu partiri de conca, a candu du scappara su cabessu, a candu fairi
intrarasa de esauriu... A su narri ca si non sclerara fiara sempri de setti in
pagella.
Cavolo,
proprio oggi che mi hai portato allo stadio non gioca.
Eh Gigi,
proprio oggi. Su capitanu, esti sempri in diffida. Sa giustizia oh.
Gigi pensò alle parole formulate dal nonno. Era
seriamente dispiaciuto, avrebbe voluto vedere all'opera il suo idolo. Non è che
capitava spesso che qualcuno lo portasse allo stadio. Sospirò, con
rassegnazione. Poi si guardò intorno per ammirare la magia che lo stadio sa
regalare. Fu così che, inaspettatamente, notò che a pochi posti da lui si stava
sedendo proprio lui. Su capitanu, Danielino Conti.
Nonno
nonno, guarda. Quello non è il capitano?
Eia Gigi,
è cussu. In campu deppiara essi non setziu in guni.
Nonno mi
posso avvicinare da lui, ti prego.
No Gigi,
itta ci faisi. Lassadu in paxi. Abarra innoi, lassadu sa conca asseiu.
Gigi guardò il nonno negli occhi, intenzionato a
disubbidire. La voglia di rivolgere la parola a Conti era troppo forte. Voleva
sapere il perché si facesse sempre ammonire per poi saltare le partite. Così si
alzò di scatto, dirigendosi verso di lui.
Ciao Daniele, sono Gigi. Sono un tifoso del
Cagliari, un tuo tifoso. Mi posso sedere qui un attimo vicino a te?
Oh, er pischello tifoso. Siediti pure. Che pischellettoo gajardo.
Capitano ti posso fare una domanda?
Dimme tutto. So tutto orecchi. Pe n' piccolo
tifoso, questo e artro.
Capitano,
perché ogni domenica il giallo? Perché ti fai sempre ammonire quando sei in
campo e poi salti le partite per squalifica? Non va bene...
Quarche vorta, anzi te dico spesso, me scatta l'embolo e n' c'è sto più a capì na mazza. Noo faccio apposta, me viè così. O che sta roba n' va giù a molti tifosi. A
settimana scorsa, m'hanno urlato: "A Daniè, asi segau is callonisi. Se fissu ammoniu!"
Capitano
non dire parolacce.
Scusame tanto. Me so scordato che sei ancora pischellino. Però hai ragione, fra due domenighe, quando giogheremo
nuovamente in casa, te prometto che non me faccio ammonì. Te do a parola mia, da capitano vero. Però me devi promette che ce sarai a vedè a partita.
Si strinsero la mano e Gigi decise che, esattamente
come da accordi, sarebbe stato nuovamente sugli spalti due domeniche successive
per vedere se Conti, mantenesse fede all'accordo. Perciò, passate due
settimane, Gigi se ne stava, trepidante dall'emozione, seduto nel medesimo posto
accanto al nonno.
Nonno,
vedrai. Me lo ha promesso. Niente giallo questa domenica.
Si, apetta e spera. Gigi, in campu cussu
sclerara. Esti fattu diaicci. Esti machilottu.
Gigi scosse la testa, credeva alle parole che aveva
pronunciato il capitano. Credeva nelle promesse. E infatti Conti mantenne la
promessa. Nessuna tackle pericoloso, nessun faccia a faccia, nessuna mischia. Avevano vinto e, per Conti, nessun cartellino giallo. Gigi dunque, al fischio finale, si alzò in piedi per applaudire capitano e squadra. . Lui e il nonno si trovavano nei distinti, gradinate basse. Fu con stupore che
notò che il capitano lo stavo salutando cercando il suo sguardo.
Capitanooo. Siete stati grandi. Sei stato
grande.
Hai visto che ho mantenuto a promessa. Na
promessa e na promessa- urlò a gran voce il capitano.
Allora verrò sempre,
con il nonno, per le partite in casa. E tu dovrai rinnovare sempre la nostra
promessa- ribadì, urlando anch'egli.
Farò der
mio mejo, allora. Na promessa è na promessa. Contaci pischellino.
Gigi e il
nonno, da quel momento in poi, si presentarono sempre allo stadio. Gigi aveva convinto il nonno che se
fossero sempre andati allo stadio, il capitano tenendo fede alla promessa, non
si sarebbe fatto ammonire evitando cosi squalifiche. Il nonno assecondò il
nipote rendendosi conto che quella promessa funzionava per davvero. Gigi era
riuscito a lanciare un segnale al capitano. Lo sport è gioia, e va vissuto come
tale: senza troppi fronzoli che vanno poi a danneggiare la squadra. Conti da
Gigi, aveva imparato una cosa importante: il sorriso e la festa dello stadio non
vanno privati a nessuno, tanto meno ad un bambino. Cosi limitò le ammonizioni e la squadre ne risentì in positivo.
Finalmente dai bei gesti-sportivi- si poteva trarre
una morale:
Chi ascolta le parole di
chi contribuisce a renderti grande, non fa che diventare ancora più grande.
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