martedì 11 febbraio 2014

Capitano, perché ogni domenica il giallo?

In una domenica pomeriggio, tra gli spalti dello Stadio Sant'Elia, stava seduto euforico Gigi, grande tifoso rossoblu, alla sua prima comparsa allo stadio. Accanto a suo nonno, il ragazzino aspettava allegramente l'inizio della gara. L'euforia cresceva, con la speranza che i propri idoli macinassero, dinanzi ai propri occhi, una spettacolare vittoria. Ecco, gli undici rossoblu entrano in campo. Ma Gigi s'accorge subito che ne manca uno. Il capitano, Daniele Conti, non è schierato tra i titolari. Al che si gira verso il nonno e, alquanto stupito, gli domanda:


Nonno, ma Conti non gioca? Come mai? 
Nepori miu, Daniele esti conca macca. 
Nonno che ha combinato? 
Eh, su capitanu, d'ognia tanti, si pappara su frenu: a candu partiri de conca, a candu du scappara su cabessu, a candu fairi intrarasa de esauriu... A su narri ca si non sclerara fiara sempri de setti in pagella.
 Cavolo, proprio oggi che mi hai portato allo stadio non gioca.
 Eh Gigi, proprio oggi. Su capitanu, esti sempri in diffida. Sa giustizia oh.

Gigi pensò alle parole formulate dal nonno. Era seriamente dispiaciuto, avrebbe voluto vedere all'opera il suo idolo. Non è che capitava spesso che qualcuno lo portasse allo stadio. Sospirò, con rassegnazione. Poi si guardò intorno per ammirare la magia che lo stadio sa regalare. Fu così che, inaspettatamente, notò che a pochi posti da lui si stava sedendo proprio lui. Su capitanu, Danielino Conti.

 Nonno nonno, guarda. Quello non è il capitano? 
 Eia Gigi, è cussu. In campu deppiara essi non setziu in guni. 
 Nonno mi posso avvicinare da lui, ti prego. 
 No Gigi, itta ci faisi. Lassadu in paxi. Abarra innoi, lassadu sa conca asseiu. 

Gigi guardò il nonno negli occhi, intenzionato a disubbidire. La voglia di rivolgere la parola a Conti era troppo forte. Voleva sapere il perché si facesse sempre ammonire per poi saltare le partite. Così si alzò di scatto, dirigendosi verso di lui.

Ciao Daniele, sono Gigi. Sono un tifoso del Cagliari, un tuo tifoso. Mi posso sedere qui un attimo vicino a te? 
Oh, er pischello tifoso. Siediti pure. Che pischellettoo gajardo. 
Capitano ti posso fare una domanda? 
Dimme tutto. So tutto orecchi. Pe n' piccolo tifoso, questo e artro. 
 Capitano, perché ogni domenica il giallo? Perché ti fai sempre ammonire quando sei in campo e poi salti le partite per squalifica? Non va bene... 
 Quarche vorta, anzi te dico spesso, me scatta l'embolo e n' c'è sto più a capì na mazza. Noo faccio apposta, me viè così. O che sta roba n' va giù a molti tifosi. A settimana scorsa, m'hanno urlato: "A Daniè, asi segau is callonisi. Se fissu ammoniu!" 
 Capitano non dire parolacce. 
Scusame tanto. Me so scordato che sei ancora pischellino. Però hai ragione, fra due domenighe, quando giogheremo nuovamente in casa, te prometto che non me faccio ammonì. Te do a parola mia, da capitano vero. Però me devi promette che ce sarai a vedè a partita.

Si strinsero la mano e Gigi decise che, esattamente come da accordi, sarebbe stato nuovamente sugli spalti due domeniche successive per vedere se Conti, mantenesse fede all'accordo. Perciò, passate due settimane, Gigi se ne stava, trepidante dall'emozione, seduto nel medesimo posto accanto al nonno.

 Nonno, vedrai. Me lo ha promesso. Niente giallo questa domenica. 
 Si, apetta e spera. Gigi, in campu cussu sclerara. Esti fattu diaicci. Esti machilottu.

Gigi scosse la testa, credeva alle parole che aveva pronunciato il capitano. Credeva nelle promesse. E infatti Conti mantenne la promessa. Nessuna tackle pericoloso, nessun faccia a faccia, nessuna mischia. Avevano vinto e, per Conti, nessun cartellino giallo. Gigi dunque, al fischio finale, si alzò in piedi per applaudire capitano e squadra. . Lui e il nonno si trovavano nei distinti, gradinate basse. Fu con stupore che notò che il capitano lo stavo salutando cercando il suo sguardo.

Capitanooo. Siete stati grandi. Sei stato grande. 
Hai visto che ho mantenuto a promessa. Na promessa e na promessa- urlò a gran voce il capitano. 
Allora verrò sempre, con il nonno, per le partite in casa. E tu dovrai rinnovare sempre la nostra promessa- ribadì, urlando anch'egli. 
Farò der mio mejo, allora. Na promessa è na promessa. Contaci pischellino.

Gigi e il nonno, da quel momento in poi, si presentarono sempre allo stadio. Gigi aveva convinto il nonno che se fossero sempre andati allo stadio, il capitano tenendo fede alla promessa, non si sarebbe fatto ammonire evitando cosi squalifiche. Il nonno assecondò il nipote rendendosi conto che quella promessa funzionava per davvero. Gigi era riuscito a lanciare un segnale al capitano. Lo sport è gioia, e va vissuto come tale: senza troppi fronzoli che vanno poi a danneggiare la squadra. Conti da Gigi, aveva imparato una cosa importante: il sorriso e la festa dello stadio non vanno privati a nessuno, tanto meno ad un bambino. Cosi limitò le ammonizioni e la squadre ne risentì in positivo.

Finalmente dai bei gesti-sportivi- si poteva trarre una morale:
Chi ascolta le parole di chi contribuisce a renderti grande, non fa che diventare ancora più grande.

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