giovedì 8 novembre 2012

Le bandiere del calcio


La strepitosa rovesciata di Gigi Riva
Ero un pargolo di soli sei anni quando è nata la mia grande passione per il calcio.
Son passati più di quarant'anni è il mondo del pallone ha subito una radicale metamorfosi, soprattutto lontano dal palcoscenico principale, lo stadio. Colpi di classe, entrate in tackle, errori arbitrali, oggi, vengono replicati a ripetizione su schermi televisivi che riproducono immagini sempre più perfette. Un vero è proprio mondo parallelo ha trasformato i calciatori in star ultra milionarie, accompagnati da procuratori senza scrupoli e giovani avvenenti donne con le quali riempono i gossip mediatici
Per noi bambini degli anni settanta, invece, non c'era calcio in televisione la domenica pomeriggio. Ci accontentavamo di riunirci, trepidanti e ansiosi, davanti alla radiolina di babbo, all'ascolto delle mirabolanti voci di “tutto il calcio minuto per minuto” come quella inconfondibile del mitico e compianto Sandro Ciotti per seguire e sognare le gesta dei nostri campioni. Le immagini salienti, viste più tardi su Novantesimo Minuto quasi sempre non rendevano giustizia a quanto la nostra fantasia aveva elaborato all'ascolto della radio.
L' unica alternativa, le figurine Panini e le invenzioni correlate, fatte di giochi, di scambi, in particolare con le introvabili figu come quella del mitico portiere orobico Pizzaballa. 
Andare allo stadio, evento più unico che raro, diventava un'occasione da non perdere, una giornata memorabile, per vedere in azione il tuo campione preferito. La prima volta me la ricordo ancora, correva l'anno 1971 allo stadio S.Elia il Cagliari Campione d'Italia giocava contro il Napoli. La partita un pò deludente a dire il vero si concluse con un pareggio uno a uno. Ma per un bambino di sette anni, non poteva che essere stata la partita più bella del mondo.
Che tempi! Una provinciale poteva anche vincere lo scudetto e "giggirriva" come lo chiamavano e chiamano ancora i tifosi cagliaritani, declinava le offerte di trasferimento alle grandi squadre del nord quali Inter, Milan e Juventus. Allora non esisteva ancora la "Legge Bosman" e i calciatori raramente potevano rifiutare la cessione a un'altra società. Riva no! Lui ripudio la Juventus. Un campione, un uomo diventato un'icona per la Sardegna calcistica a suon di gol e per quella sua testarda voglia di restare a Cagliari.
Erano gli anni del mercato senza frontiere. Niente stranieri esclusi quelli che già giocavano in Italia. Anni in cui l'attaccamento alla maglia, ai propri tifosi, alla città venivano prima di tutto, anche in circostanze avverse.
Gigi Riva è forse l'esempio più eclatante, ma non l'unico. E' in buona compagnia! Ne citiamo alcuni certi di scordarne molti altri, tante erano in quegli anni le bandiere nel mondo del calcio: Gianni Rivera, Franco Baresi e Paolo Maldini bandiere intramontabili del tifo rossonero; Giacinto Facchetti, Sandro Mazzola, Giuseppe Bergomi idoli indimenticati del popolo neroazzurro; Giampiero Boniperti calciatore e presidente della Juventus per lunghissimi anni; Giacomo Bulgarelli fedele ai colori rossoblu del Bologna “che tremare il mondo fa”; Giancarlo Antognoni autentico totem della curva viola e Giorgione Chinaglia istrionico simbolo del tifoseria laziale. Citiamo anche campionissimi del calcio straniero, come Pelè eternamente fedele al Santos; Bob Charlton oltre seicento presenze con i red devils e Gento settecentosessantuno partite con la camiseta blanca del Real Madrid. 
Bandiere che nel calcio moderno diventano sempre più rare sostituite da mercenari del pallone coperti d'oro da sceicchi e magnati, ormai padroni del calcio mondiale. Bandiere che ancora resistono, ultimi baluardi ormai sul viale del tramonto, come l'inossidabile argentino in nerazzurro Javier Zanetti, il gladiatore de Roma Francesco Totti o chi ha preferito emigrare in Australia (piuttosto che giocare con un'altra squadra italiana) come Alessandro Del Piero che, persino in serie B, non abbandonò la maglia bianconera.
Presto ci soffermeremo su ognuno di loro e su altri campioni e icone, nella speranza che certi valori non vadano mai perduti affinché in un prossimo futuro si possano ancora narrare le imprese e l'attaccamento alla maglia dei calciatori del ventunesimo secolo.

Per Fuorigioconline,
Zio Boicu




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